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venerdì 19 novembre 2010

Mafia, la Corte su Dell'Utri


"Mediatore tra boss e Berlusconi"

Depositate le motivazioni con cui i giudici di Palermo hanno condannato a 7 anni il senatore Pdl per concorso esterno in associazione mafiosa. Era uno "specifico canale di collegamento" tra Cosa nostra e il premier. "Ma non è stato provato il patto di scambio". E la notizia non compare nei titoli di TG1 e Tg5


PALERMO
- Il senatore Marcello Dell'Utri avrebbe svolto una attività di "mediazione" e si sarebbe posto quindi come "specifico canale di collegamento" tra Cosa nostra e Silvio Berlusconi. Lo scrivono i giudici della Corte d'Appello di Palermo nelle motivazioni, depositate oggi, della sentenza con la quale Dell'Utri è stato condannato il29 giugno scorso a sette anni 1 di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa.

Nelle 641 pagine depositate in cancelleria i giudici di Palermo spiegano il perché della condanna, legata ai fatti avvenuti fino al 1992, mentre il senatore è stato assolto per quelli successivi. Il collegio presieduto da Claudio Dall'Acqua, a latere Sergio La Commare e il relatore Salvatore Barresi, gli hanno ridotto la pena dai nove anni comminati in primo grado a sette anni.

"Dell'Utri mediatore coi boss". Per i giudici, Dell'Utri "ha apportato un consapevole e valido contributo al consolidamento e al rafforzamento del sodalizio mafioso". In particolare, l'imputato avrebbe inoltre consentito ai boss di "agganciare" per molti anni Berlusconi, "una delle più promettenti realtà imprenditoriali di quel periodo che di lì a qualche anno sarebbe diventata un vero e proprio impero finanziario ed economico". Per questi motivi la Corte ritiene "certamente configurabile a carico di Dell'Utri il contestato

reato associativo".

"Mangano garante dell'incolumità di Berlusconi". Il mafioso Vittorio Mangano - si legge ancora nelle motivazioni della sentenza - fu assunto, su intervento di Marcello Dell'Utri, come "stalliere" nella villa di Arcore non tanto per accudire i cavalli ma per garantire l'incolumità di Silvio Berlusconi. I giudici ritengono credibile il collaboratore Francesco Di Carlo, che ha ricostruito il sistema di "relazioni" di Dell'Utri con ambienti di Cosa nostra. Credono fondato soprattutto il suo racconto su una riunione svoltasi a Milano nel 1975 "negli uffici di Berlusconi" alla quale parteciparono, oltre a Dell'Utri, anche i boss Gaetano Cinà, Girolamo Teresi e Stefano Bontade che all'epoca era "uno dei più importanti capimafia".

La presenza di Mangano ad Arcore avrebbe avuto lo scopo di avvicinarsi a Berlusconi, "imprenditore milanese in rapida ascesa economica", e garantire la sua incolumità "avviando un rapporto parassitario protrattosi per quasi due decenni". Berlusconi avrebbe pagato "ingenti somme di denaro in cambio della protezione alla sua persona e ai familiari". La vicenda dei pagamenti da parte del Cavaliere si intreccia, secondo i giudici, con altri versamenti per la "messa a posto" della Finivest che all'inizio degli anni '80 aveva cominciato a gestire alcune emittenti televisive in Sicilia.

"Non provato il patto di scambio". Nessuna prova certa dell'esistenza di un patto politico-mafioso, scrivono i giudici. L'accusa aveva sostenuto che Dell'Utri avrebbe stipulato nel 1994 un "patto di scambio" che per i giudici non è stato accertato: "Non risulta infatti provato -si legge nella motivazione- né che l'imputato Marcello Dell'Utri abbia assunto impegni nei riguardi del sodalizio mafioso, né che tali pretesi impegni, il cui contenuto riferito da taluni collaboranti (generica promessa di interventi legislativi e di modifiche normative) difetta di ogni specificità e concretezza, siano stati in alcun modo rispettati ovvero abbiano comunque efficacemente ed effettivamente inciso sulla conservazione e sul rafforzamento del sodalizio mafioso". Da quest'imputazione il senatore del Pdl è stato pertanto assolto.

Un paragrafo delle motivazioni è dedicato a Massimo Ciancimino, che i giudici peraltro avevano deciso di non sentire. "La pretesa rivelazione da parte del genitore sui presunti rapporti diretti Dell'Utri-Provenzano, che Massimo Ciancimino aveva peraltro taciuto per oltre un anno e 4 mesi, non era suscettibile di possibile utile approfondimento, oltre che manifestamente tardiva". Ma è solo un esempio dei numerosi portati dai giudici, che concludono: "Tutte le superiori considerazioni hanno dunque indotto la Corte a dubitare più che fondatamente della credibilità e affidabilità di un soggetto come Massimo Ciancimino" che viene definito "autore di altalenanti dichiarazioni che non ha esitato a rettificare o ribaltare nel tempo con estrema disinvoltura" e in più "attribuite alle pretese, ma non verificabili, rivelazioni di un padre defunto".

7 commenti:

Francesco Treseghè ha detto...

Non vi preoccupate... Il governo non cadrà.
Il Partito Democratico, dopo Lombardo, è pronto a difendere anche Berlusconi.

Anonimo ha detto...

Ragazzi, dimenticate che siete un partito di garantisti!!
Ancora c'è la cassazione e fino ad all'ora Dell'Utri è un onesto cittadino come tutti noi!!
Agostino Miccichè ( ex amministratore del blog GD Sabettesi )

Anonimo ha detto...
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Anonimo ha detto...
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Giovani Democratici Santa Elisabetta ha detto...
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Anonimo ha detto...
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Marcella ha detto...

Caro anonimo il tuo messaggio è stato temporaneamente eliminato, perchè non sono citate le fonti (non basta da "Repubblica", sarebbe graadito il link dei pezzi)e non possiamo assumerci la responsabilità di pubblicare qualcosa senza conoscere esattamernte l'origine. E' inoltre rispettoso nei confronti del giornalista che ha scritto il pezzo. Resta comunque conservato. Se puoi rimandarcelo con le giuste correzioni, saremo felici di ripubblicarli.
A presto