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"Il popolo che rinuncia alla libertà per la sicurezza, non merita e non avrà né libertà né sicurezza" (Benjamin Franklin)

giovedì 30 dicembre 2010

Lei dov’era la notte del 28 dicembre tra l’1 e le 2 e mezza?

di Francesco Treseghè

Io ero davanti al comune a guardare 7 ragazzi che si divertivano a combinare una marachella. Avevano “preso in prestito” una quarantina di scope e moci, una decina di piante, che i sabettesi così fiduciosi del proprio prossimo lasciano davanti gli uscii delle proprie case, più un tenero pupazzetto perso per strada da qualche innocente e piccolo padroncino. Ero lì mentre loro sistemavano il tutto davanti la porta del comune.
Confesso: Non ho saputo resistere. Erano così scherzosi, oddio, sapevano che stavano combinando na cazzata, ma immaginando le facce di chi l’indomani avrebbe visto il loro piccolo regalo, si stavano pisciando dalle risate.
Confesso … Sono sceso anch’io e gli ho dato una mano. Erano un po’ spaesati, non sapevano bene come distribuire moci, scope piante davanti il piccolo spiazzale del comune, e così non ho potuto fare a meno di dargli una mano: “Una pianta qua … un’altra sta meglio la … le scope tutte da questa parte.” “E il pupazzo?” “Va beh.. Quello puoi anche appenderlo lì”. “Ok … Tutto sistemato … Scappiamo!”
Fine della scena. Non c’è bisogno di nessun plastico, nessuna indagine, nessuna denuncia verso ignoti. L’indomani una piccola risata di chi avrà accettato lo scherzo; qualche occhio guardingo in cerca di quale pianta potersi arruffare e portare a casa alla moglie come dono natalizio; una sbuffata di chi pensa che i giovani di oggi sono una generazione bruciata, dimenticando di aver avuto anch’egli vent’anni; una battuta spiritosa di chi, invece, si sarà ricordato di aver vissuto anch’egli quegli anni … Qualcosa però non quadra.
Oggi si parla di una scritta trovata all’interno del comune. Parole pesanti, in puro stile mafioso, poche ma sufficienti per far arrivare il messaggio. Parole da vigliacchi. Ed ecco che il gioco di alcuni ragazzi, ignari del malumore di qualche frustrato dipendente, entra inevitabilmente a far parte della scena del crimine: le scope diventano simbolo di protesta segno degli articolisti in rivolta, le piante ornamento di un comune triste, e il tenero pupazzetto di quell’innocente e piccolo padroncino a raffigurare un sindaco impupato da mettere al chiodo.
Questo è lo scenario finale. Scatta la denuncia, partono le indagini, e ognuno inizia a costruirsi il proprio plastico mentale.
Peccato che i 7 ragazzi, colpevoli della propria giovinezza, mancano di codardia e così si costituiscono. Qualche ramanzina dei genitori, due parole e un brindisi con il Sindaco, molto imbarazzo, la consapevolezza dei propri errori e l’assunzione delle proprie responsabilità: “Piante, scope e il tenero pupazzo, siamo stati noi, ma la scritta non ci appartiene.”
E’ vero. Io c’ero. Li ho aiutati cazzo … Non potevano … Non avevano né le chiavi né il movente per compiere un atto simile. Aggiungo … mancavano anche di cattiveria e vigliaccheria.
L’ipotesi allora? Che sia stato qualche scontento dipendente, chiavi in mano, la mattina del 28 dicembre, ad aver impresso quelle vergognose parole, approfittando della situazione creata dai ragazzi, finora è lo scenario più probabile. Parola poi a chi indaga.
E le scope e le piante? Qualche dipendente comunale ha riconosciuto le proprie … almeno così dicono.

sabato 25 dicembre 2010

Buon Pacco di Natale a tutti voi!




L'aula del Senato ha approvato, in terza lettura e in via definitiva, il disegno di legge di riforma dell'universita' con 161 si', 98 no e sei astenuti. A favore hanno votato, Pdl, Lega e Fli; contrari Pd e Idv; astenuti Udc, Api, Mpa, Svp e Autonomie (a Palazzo Madama l'astensione equivale a un voto contrario).

L'università italiana sta crollando e il nostro futuro non esiste più. Purtroppo in questo natale non c'è un bel niente da festeggiare!

Wikileaks: D'Alema attaccò i pm La smentita: «Mai contro i giudici»

Nel dispaccio del 3 luglio 2008, pubblicato da El Pais e intitolato "Berlusconi incontra forti turbolenze", nel paragrafo "La magistratura in Italia: per molti un sistema 'rotto'", l'ambasciatore americano argomenta che la pubblicazione delle intercettazioni telefoniche relative alle inchieste giudiziarie da parte della stampa creano "imbarazzo a coloro che si battono per una riforma del sistema giudiziario e per la fine della pratica delle intercettazioni".

I responsabili delle fughe di notizie "raramente vengono" individuati. "Sebbene la magistratura italiana sia tradizionalmente considerata orientata a sinistra, l'ex premier ed ex ministro degli Esteri Massimo D'Alema ha detto lo scorso hanno all'ambasciatore (Usa, ndr) che la magistratura Š la pi— grande minaccia allo Stato italiano", scrive ancora Spogli. "Nonostante 15 anni di dibattiti sulla necessita' di una riforma del sistema, non sono stati fatti progressi significativi. Gli italiani considerato il loro sistema 'rotto' e hanno veramente poca fiducia sul fatto che garantisca giustizia", commenta ancora il diplomatico americano.

LA REPLICA DI D'ALEMA
''Accanto ad osservazioni ovvie su fughe di notizie e intercettazioni, viene riportato un giudizio abnorme sulla magistratura che non ho mai pronunciato, che non corrisponde al mio pensiero e che evidentemente all'epoca è stato frutto di un fraintendimento tra l'ambasciatore Spogli e me''. E' quanto si legge in una nota del presidente del Copasir Massimo D'Alema, in riferimento al cablogramma pubblicato da Wikileaks. 24 dicembre 2010

tratto da l'unità del 24 dicembre 2010
http://www.unita.it/italia/wikileaks-d-alema-attacco-i-pm-br-la-smentita-mai-contro-i-giudici-1.262553

giovedì 23 dicembre 2010

Il pd: partito di governo o stampella di Di Pietro E Vendola?


Il partito democratico è nato solo nel 2007, ma da quel momento quanti litigi, quante incomprensioni, quanti tormenti. Abbiamo solo tre anni, ma ne dimostriamo molti di più.
Sono passati più o meno due anni dalla caduta del governo Prodi e il mondo è cambiato, le persone sono cambiate, il modo di pensare è cambiato, la memoria è corta.
Ma due anni fa si votò per le politiche. Ricordo bene quella campagna elettorale: tutti noi eravamo d'accordo sulla vocazione maggioritaria. Che era bello si correva da soli! senza Bertinotti, Vendola, Pecoraro Scanio, Cossutta, Di Liberto, Ferrero!
Ricordo che i due anni di governo Prodi ci insegnarono qualcosa, che se non si è uniti non si vince e non si governa. Tutti noi eravamo d'accordo e gridavamo : "basta non si può più governare insieme a loro, insieme a coloro che ci tagliano le gambe ogni giorno e che protestano contro i governi di cui fanno parte!
Non era un progetto eversivo allora e non vedo il perchè oggi dovrebbe essere un suicidio non allearsi con Vendola.

Il pd deve farsi rispettare dai suoi futuri alleati. Io non sarò disposto a tollerare nuovamente un governo o una alleanza dove ognuno tira per se e per il proprio partito remando contro il governo stesso. L'esperienze di governo 2006 e 1996 ci hanno insegnato che prima bisogna fissare dei paletti solidi e poi si potrà parlare del resto.

Il partito democratico è il maggiore partito di opposizione e dobbiamo essere noi a dettare l'agenda politica agli altri. Gente come Vendola e Di Pietro non devono proporre patti e matrimoni al nostro partito, non devono essere la nostra ossessione e non devono con i loro partiti PERSONALI insegnarci cosa significa DEMOCRAZIA. Noi abbiamo un segretario eletto con le primarie, nei loro partiti neanche esistono le primarie.

Vendola e Di Pietro devono fare una cosa semplice: accettare il nostro programma di governo e solo dopo potranno interloquire con noi per formare un'alleanza di governo.
é inammissibile che i tuoi alleati ti segano quotidianamente le gambe solo per motivi propagandistici e per acquisire consenso elettorale per i loro interessi partitici; non è attaccando il pd che si riesce a sconfiggere berlusconi.

Io non sono disposto a stare in un partito che rinuncia alla propria natura riformista e di alternativa a berlusconi. Non sono disposto a stare in un partito che non si fa rispettare dai propri alleati e per dirla franca non penso sia il massimo allearsi con chi ti bastona quotidianamente per rubarti voti. Non è cosi che si costruisce l'alternativa a BERLUSCONI, NON è COSI che si acquisisce consenso elettorale. Non possiamo ricadere nell'errore di rifondare una nuova unione più litigiosa della vecchia unione.

é arrivato il momento di rialzare la testa e di farci rispettare da tutti. Il pd ha un programma serio, ha proposte di legge sul fisco, scuola, università, acqua, costi della politica, economia e lavoro! Vendola e Di Pietro farebbero bene ad abbassare un pò la cresta, ad avere un pò meno di arroganza e ad essere un pò più autocritici verso il proprio passato. Prima di proporre matrimoni è meglio che accettino le nostre proposte e poi si potrà riparlare di alleanze.

Il segretario Bersani fa bene in questi giorni a parlare in questi termini. Se non si stabiliscono regole chiare non si va da nessuna parte. Il concetto è chiaro: il pd ha un programma ed è disposto ad allearsi con chi condivide le nostre idee.
Naturalmente lo spazio è aperto anche ad un eventuale alleanza con i centristi di casini e rutelli. Il pd deve interloquire con tutti i partiti dell'opposizione: non possiamo rinunciare al confronto con l'aera moderata. L'occasione è storica e per sconfiggere la destra non basta il solo centro sinistra i numeri parlano chiaro.

In altri paesi come la Germania e l'Inghilterra si sono formate alleanze eterogenee e oggi questi stati crescono il triplo dell'Italia. Se vogliamo veramente cambiare questo paese io sono dell'idea che dobbiamo dare una sterzata al modo di intendere la politica come una eterna opposizione tra due fazioni. Io penso che non dobbiamo più ripararci dietro i muri delle ideologie: e poi per dirla tutta la vera ideologia di sinistra è quella che ti porta a risolvere i problemi della gente e questo si può fare formando un governo responsabile: l'ideale non deve condannarti sistematicamente ad essere un perdente seppur bello e puro. Gli ideali che deve inseguire il pd sono semplici: governabilità, riforme, responsabilità,lavoro, precarietà e giovani, economia e famiglie; tutto questo si fa con un governo forte e coeso che duri un intera legislatura non certo un governi deboli e litigiosi come quelli che ci hanno abituato a vedere.

Il pd deve farsi sapere rispettare. Oggi è presto per dire se è meglio allearsi con la sinistra radicale o con i centristi, ma una cosa deve essere chiara: mai più coalizioni che portano solo confusione e danneggiano l'immagine dell'azione di governo come hanno fatto con il povero Prodi.

venerdì 17 dicembre 2010

"Il popolo che rinuncia alla libertà per la sicurezza, non merita e non avrà né libertà né sicurezza" (Benjamin Franklin)

Foto di Remo Cassella (all rights reserved ©)
Quindici anni fa il popolo italiano imparava a guardare la tv, tacere e ossequiosamente obbedire;
in tutti questi anni di silenzio, il governo italiano ha imparato a sentire appena il ronzio delle mosche ed ora non ammette alcun rumore.

In quindici anni, il popolo italiano ha votato questo governo a tre riprese, lamentandosene ma mai troppo;
in questi quindici anni le proteste sono avvenute sotto forma di manifestazioni studentesche, e raramente i docenti hanno creato disagi alla didattica per difendere i loro diritti, finché i disagi hanno coinvolto gli stessi docenti, studenti, didattica e diritti.

Sempre quindici anni fa, giovani trentenni appartenenti a diversi classi lavorative avevano creduto che i "contratti a termine" potessero andar bene, e che fossero quasi comodi, garantendo una maggiore flessibilità;
quindici anni fa quei giovani trentenni non riflettevano sul fatto che oggi avrebbero avuto 45 anni, famiglie a carico e nuovi concorrenti under 30 pronti ad accettare quel contratto a termine che a loro non basta più.

Quindici anni fa, il ceto medio italiano pensava di avvicinarsi via via al ceto alto e che le riforme berlusconiane gli avrebbero fatto comodo;
quindici anni fa il ceto medio italiano non immaginava di poter scendere precipitosamente in direzione dei ceti bassi.

In tutti questi anni il popolo italiano ha pensato che la sicurezza di una nazione possa basarsi solo sul potere delle forze dell'ordine;
dopo tutti questi anni il popolo italiano si dovrebbe rendere conto che, senza una sicurezza economica, le forze dell'ordine non saranno in grado di garantire alcun altro tipo di sicurezza.


mercoledì 15 dicembre 2010

Riassumiamo un pò questi due giorni. Berlusconi si è "prodizzato"


Jean Jacques Rousseau diceva :
"La Democrazia esiste laddove non c'è nessuno così ricco da comprare un altro e nessuno così povero da vendersi"

E berlusconi questo lo sa bene. Vince il braccio di ferro con il nemico Fini, ma ha vinto solo la prima battaglia di quella che può essere per lui una lenta agonia prima della "morte" politica. Berlusconi si è prodizzato, ma che dico peggio !
Con soli tre deputati di maggioranza sappiamo tutti che è impossibile governare. La situazione è molto più critica di quella del governo Prodi che poteva contare, oltre ai due senatori in più, anche sul sostegno dei 7 senatori a vita che più di una volta hanno salvato il povero e incompreso governo Prodi.

Intanto in Sicilia passa all'ars il provvedimento sulla stabilizzazione:



Intervista al deputato regionale del partito democratico onorevole Marziano. L'intervista è stata realizzata da blog sicilia.

martedì 14 dicembre 2010

Il libro della settimana

More about L'invenzione di Palermo
L'invenzione di Palermo
Giulio Perrone Editore

di Giuseppe Rizzo
ultracentenario inventore sabbettese

Martedì 22 dicembre alle 19:00 verrà presentato presso il circolo Arci Nzocchè (via E. Ximenes, 95) di Palermo, all’interno del ciclo di interviste pubbliche "Palermo, che puzza!" gestite da Titti De Simone, il libro di Giuseppe Rizzo "L'invenzione di Palermo".

DICONO DEL LIBRO:

Sergio Pent, TuttoLibri, La Stampa: "Nelle frenesie imbarbarite e mafiose di Giuseppe Rizzo (...) l'inferno attraversato dalla quindicenne Annina si risolve in un collettivo sorriso di speranza, restata intatta la necessità di raccontare ciò che vede lottare da sempre gli italiani contro un immobilismo ormai incancrenito".

Errico Buonanno, Il Riformista: “Una lingua espressionista, contaminata, da applauso”.

Salvatore Ferlita, La Repubblica: “Rizzo sorprende una Palermo dannata, gremita di personaggi parossistici, marchiati dall'infamia. Annina, la protagonista, è risentita e blasfema, imperlata da un turpiloquio visionario. E la cifra, che spesso fa leva sulla pronuncia oscena, ha un che di poetico, di fantasia linguistica”.

Marta Cervino, Marie Claire: “Libro devastato e tenerissimo che arriva e si ferma al cuore”. 

Tiziana Lo Porto, La Sicilia: “Romanzo comico e struggente. A conquistare il lettore è sicuramente il linguaggio, una riuscita e bella combinazione di vulgata popolare, vocaboli inventati e parolacce inesistenti ma efficaci di cui si affolla la testa, e di conseguenza anche la bocca, di Annina dal giorno della morte della madre. Parolacce che, in qualche inspiegabile modo, riescono a poeticizzare la rabbia e a farci sorridere malgrado le cose della vita”.

Enzo Rammairone, Rockerilla: “Un esordio al romanzo, questo di Giuseppe Rizzo, che trova il suo punto di forza nella leggerezza”

domenica 12 dicembre 2010

Libertà per Khodorkovsky e Lebedev!


Mikhail Khodorkovsky (Il magnate del petrolio del gruppo Yukos, e grande oppositore di Vladimir Putin ) e Platon Lebedev (suo socio in affari) hanno trascorso gli ultimi 7 anni in carcere. Stanno scontando una pena per presunti reati economici e fiscali.
Dovevano essere rilasciati nel 2011, ma le autorità russe hanno pensato che la condanna fosse troppo breve! Così hanno istruito un secondo processo al quale ha fatto seguito una nuova imputazione: non solo non avrebbero pagato le tasse sul petrolio, come recita la sentenza per frode ed evasione fiscale emessa nel 2003, ma avrebbero sottratto quel petrolio alla Yukos.
Il 22 ottobre 2010 la Procura ha chiesto per i due imputati altri 14 anni di reclusione per i reati di riciclaggio e appropriazione indebita.
La sentenza è attesa per il 15 dicembre.

Non c’è nessuna speranza di ottenere un verdetto che rispetti giustizia e legalità. Ma noi, gente del mondo, possiamo porre fine a questa persecuzione!
È nel potere del presidente della Federazione Russa Dmitrij Medvedev bloccare quest'azione di accanimento giudiziario, per questo l'associazione AnnaViva, in sostegno al comitato Free Khodorkovskij, lo esorta a dimostrare il suo coraggio liberando Mikhail Khodorkovsky, Platon Lebedev e gli altri imputati dichiarati colpevoli e condannati nel caso Yukos.
Alla luce dei fatti invitiamo la società civile tutta a firmare l’appello presente sul sitohttp://www.free-khodorkovsky.com/ e rivolto al presidente della Federazione Russa.

C’è tempo fino al 13 dicembre 2010. Tutte le cartoline pervenute entro questa data saranno stampate e consegnate agli uffici d'amministrazione del presidente Medvedev.

giovedì 9 dicembre 2010

Carta Straccia

di Francesco Treseghè



Ho realizzato questo video per non smettere di gridare... per non affievolire la voce...
Per chi ancora crede in una sinistra migliore da questa.
Se il governo cadrà.. chi sarà l'alternativa..? Loro?


mercoledì 8 dicembre 2010

Chi c'ha la moglie bella sempre canta, chi c'ha pochi quattrini sempre conta




I commenti di Luciana Littizzeto questa domenica al programma di Fabio Fazio Che tempo che fa hanno finalmente suscitato polemica tanto da essere il tema di apertura della puntata di Ballarò di ieri, 7 dicembre 2010.
Certo più pragmatica ed efficace la Littizzetto che l'insieme di politici presenti a Ballarò. Citando una signora intervistata  in uno dei servizi di Ballarò "Chi c'ha la moglie bella sempre cantachi c'ha pochi quattrini sempre conta" . E così ieri sera mentre dallo studio di Floris, il vicepresidente al Senato Gaetano Quagliarello (PDL) intonava odi a Silvio per aver mantenuto la "stabilità" durante la crisi economica, mentre da casa qualcuno contava i piccioli persi durante l'apparente stabilità mantenuta dal governo.
L'imprenditore Diego Della Valle sembrava essere l'unico a voler contare i piccioli. Certamente i suoi interessi in gioco sono alti; come alto è il numero dei dipendenti che rischia di licenziare. Ma almeno qualcuno si è assunto la propria responsabilità, più le responsabilità di altri, investendo 25 milioni di euro per il restauro del Colosseo prima che si sbricioli anche lui come un wafer del discount.
E la cosa triste è che ancora una volta il popolo italiano si ritrova d'accordo con un imprenditore. Di nuovo! Un'altro! E mai sentirci capiti dai politici di professione, che con il loro reddito medio di 20.000 euro mensili (per essere generosi) non potranno certo sapere come arranca un misero cittadino con 500 euro al mese... quando ce li ha!

sabato 4 dicembre 2010

Ecco dove andrebbero fatti i tagli..non alla scuola, non alla salute..alla politica improduttiva

La nostra trinacria ama distinguersi per primati: dopo il primato Cuffariano per il numero più alto di capi-redattore (tredici circa...più di Buckingham Palace!), ci pensa il Sindaco di Palermo Cammarata e tutta la giunta comunale, percependo indennità e gettoni di presenza più alti d' Italia. Si potrebbe pensare a uno stimolo a lavorare di più... purtroppo però l' aumento dei redditi resta inversamente proporzionale alla produttività.


di Sara Scarafia
tratto da Repubblica.it del 03/12/2010

Ai consiglieri di Palermo i compensi più alti d'Italia


I consiglieri comunali di Palermo sono i più pagati di Italia con un gettone di presenza di 156 euro e un'indennità mensile che può arrivare a 3.030 euro al mese. Ben 749 euro in più dei colleghi milanesi, ma anche il doppio rispetto ai compensi che toccano ai consiglieri comunali della Capitale. Gettoni "d'oro" a fronte di un record di improduttività. A Cammarata 1000 euro più della Moratti

di SARA SCARAFIA

A Milano la paralisi del Consiglio comunale è finita al centro del dibattito politico: in due mesi, tra settembre e ottobre, l'aula ha approvato soltanto sei delibere. Chissà cosa direbbero i consiglieri milanesi se, spulciando l'elenco degli atti approvati da Sala delle Lapidi dall'inizio dell'anno, scoprissero che da gennaio i cinquanta consiglieri hanno detto sì ad appena una decina di delibere di peso, limitandosi per il resto a votare debiti fuori bilancio, mozioni o piccole modifiche a precedenti atti.
Dieci delibere che, però, sono costate care: le delibere più care di Italia. Nonostante i picchi di improduttività, i consiglieri comunali di Palermo sono i più pagati: il gettone di presenza degli eletti al Comune di Palermo è di 156 euro lordi per una indennità che può arrivare, se si raggiungono le 21 presenze, a 3.029,95 euro al mese. Ben 749 euro in più dei colleghi milanesi che al mese guadagnano al massimo 2.280 euro. Ma anche il doppio rispetto all'indennità che tocca ai consiglieri comunali della Capitale: il loro gettone sfiora i 70 euro per un compenso mensile massimo di 1.500 euro.
A Roma i consiglieri percepiscono metà dell'indennità rispetto ai colleghi di Palermo, ma devono fare quattro sedute in più per ottenerla: devono riunirsi 25 volte al mese contro 21. Un privilegio, quello dei consiglieri di Sala delle Lapidi, che può essere definito geografico: la Sicilia è una regione a statuto autonomo e decide da sé quanto pagare i suoi amministratori. Ed è per questo, dunque, che Diego Cammarata, con una retribuzione lorda che sfiora i 10 mila e 100 euro al mese, supera di mille euro la collega milanese Letizia Moratti. Indennità più alte, dunque, anche per gli assessori, considerato che i loro introiti sono calcolati proprio sulla base del compenso del sindaco.
In Sicilia i tagli decisi dal governo nazionale con la Finanziaria non vengono recepiti: se anche a Palermo fossero applicate le norme che valgono per il resto di Italia, i consiglieri dovrebbero rinunciare ad almeno 500 euro al mese. Anche le altre regioni a statuto autonomo avrebbero potuto imitare la Sicilia: ma a Trento, per esempio, il gettone di presenza dei consiglieri è di 120 euro mentre a Cagliari non arriva nemmeno a 70: nel capoluogo sardo, i consiglieri non guadagnano più di 1.500 euro lordi al mese. Proprio come a Roma. Il gettone "d'oro" di Palazzo delle Aquile non è un incentivo per lavorare di più: in Consiglio sono al palo quasi trecento delibere.
Tra queste anche provvedimenti che l'amministrazione ritiene strategici: dal piano regolatore del porto alla individuazione delle aree Peep per realizzare 7.200 alloggi. Ma anche la riorganizzazione delle linee dei bus, che consentirebbe di ridurre i tempi di attesa alle fermate, il regolamento per i gazebo e quello per le corsie preferenziali. Confindustria attraverso Alessandro Albanese due giorni fa ha duramente criticato gli inquilini di Sala delle Lapidi: "Vorrei vedere in aula lo stesso zelo che i consiglieri hanno allo stadio".
Ma anche le critiche non producono alcun effetto. Il presidente del Consiglio comunale Alberto Campagna, pur puntando il dito contro la paralisi dell'aula, difende il gettone "d'oro" dei consiglieri palermitani: "Non è lo stipendio dei consiglieri di Sala delle Lapidi a essere alto è quello degli altri consigli a essere troppo basso - dice Campagna, che è anche coordinatore della conferenza dei consigli comunali di Sicilia per l'Anci - La Sicilia ha sfruttato la sua autonomia. Il problema è che, al momento, anche un gettone di un euro sarebbe uno spreco considerata l'improduttività dell'aula: non possiamo più nasconderci dietro le beghe politiche. Quello sull'assestamento può essere considerato un voto politico, ma cosa dire degli altri 300 punti all'ordine del giorno?".

venerdì 3 dicembre 2010

Lombardo, Schifani e Cammarata duramente contestati dagli studenti universitari

tratto da: La Sicilia.it del 3/12/2010

Circa mille studenti palermitani delle facoltà di Lettere, Agraria, Scienze Matematiche, Agricoltura e dell'Accademia di Belle Arti (che è occupata da ieri sera) stanno protestando con cori e striscioni davanti a Ingegneria dove verranno assegnati i premi alle migliori idee innovative.

"Erano attesi il presidente del Senato, Renato Schifani, il governatore Raffaele Lombardo e il sindaco Diego Cammarata - dice Giorgio Martinico, della facoltà di Lettere - tutte persone degne del nostro disprezzo. Ma non sono arrivati perchè hanno paura delle nostre azioni e delle nostre parole".

Stanno arrivando anche gli studenti di Medicina, in agitazione da una settimana, mentre questa mattina è stata intitolata a Norman Zarcone (il dottorando di Lettere morto suicida gettandosi dal settimo piano della facoltà ndr) l'aula magna di Lettere con una targa apposta dagli studenti. È saltato invece il sit-in previsto in via Maqueda promosso dal movimento studenti Medi delle scuole superiori.

Gli studenti delle facoltà occupate di Palermo sono entrati nell'aula magna di ingegneria, dove si sta svolgendo la cerimonia di consegna del premio nazionale per l'innovazione 2010. Il rettore Roberto Lagalla ha dovuto interrompere il convegno. Gli studenti si sono seduti al posto di professori e politici ed hanno esposto i propri striscioni sulla cattedra, cantando cori contro il governo e contro la riforma Gelmini. Il preside di lettere, Mario Giacomarra, che nei giorni scorsi si era pronunciato a favore della protesta, non ha voluto commentare l'episodio.

http://www.lasicilia.it/index.php?id=49679&template=lasiciliait


QUESTO è SOLO L'ULTIMO EPISODIO DELLA CATENA DI PROTESTE ATTUATA DAGLI STUDENTI.
CERTO DI SICURO IL GOVERNO SI DIFENDERà ATTACCANDO GLI STUDENTI CHE SCIOPERANO "ANTIDEMOCRATICAMENTE". CERTO ANCHE NOI SAPPIAMO CHE BLOCCARE LE AUTOSTRADE, LE FERROVIE, LE CITTà E OCCUPARE I MONUMENTI SIMBOLO DELL'ITALIA è "ANTIDEMOCRATICO" TANTO QUANTO COME IMPEDIRE AGLI ALTRI DI PARLARE, MA SE QUESTO è L'UNICO MODO PER FARCI SENTIRE E PER DARE VOCE ALLE NOSTRE ESIGENZE NON C'è ALTRO MODO!

LA VERITà è CHE I VERI ANTIDEMOCRATICI SONO CHI CI GOVERNA, IL LORO MODO DI FARE POLITICA DISTACCATO DAI BISOGNI REALI DELLA GENTE COMUNE.

SE IL GOVERNO NON ASCOLTA LA GENTE, SE IL GOVERNO NON ASCOLTA GLI STUDENTI, I SINDACATI E TUTTE LE CATEGORIE SOCIALI è QUESTA LA VERA ANOMALIA ANTIDEMOCRATICA DI QUESTO PAESE!!!

mercoledì 1 dicembre 2010



Partenze dalla Sicilia per Roma con treni da Palermo e Catania, dando un contributo di 10 euro.
Per la nostra provincia, con pullman gratuiti da Agrigento, dando l'adesione entro la mattina del 3 dicembre prossimo.
Per le partenze con i pullman da Agrigento potete contattare Giovanna Iacono.
Ulteriori e più dettagliate informazioni saranno fornite in seguito.

MARIO MONICELLI senza cultura in Italia non rimane nulla (ultima intervi...

E' la cultura che da all'Italia un suo riconoscimento [...]Se si taglia alla cultura, dell'Italia non rimane niente,se non un'immagine di affarismo[...] (Mario Monicelli)

lunedì 29 novembre 2010

Domani il governo approverà la riforma Gelmini


La riforma che distruggerà il sistema pubblico universitario.
Il DDL, insieme ai tagli del 2008, alla manovra finanziaria e ai vari decreti ministeriali avrà come conseguenze:

- Il blocco totale della didattica del secondo semestre nell'università di Palermo
-La chiusura di molti corsi di laurea
-la riduzione dell'80% delle borse di studio
-l'aumento delle tasse universitarie e del numero chiuso
-l'annullamento della rappresentanza studentesca

NON FACCIAMOCI RUBARE IL NOSTRO FUTURO!! Tutte le università d'italia sono a rischio e in stato di fibrillazione. Molte sono le iniziative e le proteste degli studenti in tutta italia.

PER QUESTO DOBBIAMO DIRE SI ALLA RIFORMA DELL'UNIVERSITà, MA CHE SIA UNA RIFORMA EQUA NON DI CERTO LA RIFORMA DI QUESTO POVERO GOVERNO CHE TRA LE ALTRE COSE è NELLE SUE ULTIME SETTIMANE DI VITA!

Stabilizzazione dei precari o stabilizzazione dei redditi dei deputati Ars

In un articolo del Giornale di Sicilia, del 27 novembre, riportato di sotto, la situazione reddituale dei nostri rappresentanti al Parlamento Siciliano.

Un nuovo articolo del 28 novembre, il contentino, leggi la proroga (non stabilizzazione) ai precarihttp://www.gds.it/gds/sezioni/politica/dettaglio/articolo/gdsid/137133/

Cascio, Presidente dell' ARS dichiara che non è tempo di pensare ai precari, perché la finanziaria è più importante. 

Ci rimane da capire come mai lo stato precario di un lavoratore, e quindi un anello dell'economia, non sia legato ai problemi di una finanziaria, e se le indennità da Paperon de Paperoni, percepite dai deputati ARS non influiscano in una certa misura a indebitare la nostra regione. 

Ci rimane da capire perché il povero deve restar povero e il ricco deve restar ricco e ci rimane da capire perché entrambi i problemi non siano problemi riguardanti né la giustizia sociale né tantomeno la stabilità economica di una società. 

Ci rimane da capire in base a quale criterio il presidente ARS e colleghi decidano quali siano le priorità della nostra società: 

 - le priorità: scalata in politica, l'aumento di privilegi, il potere di manipolare appalti e concorsi attraverso i quali gestire voti, etc... ATO  idrico, ATO rifiuti ATO eolico ATO ossigeno... questo lo mo capito!

   - il creterio: briscula a denari ???


I redditi dei deputati dell'Ars, Scammacca ancora il più ricco

di GIACINTO PIPITONE

tratto da Giornale di Sicilia del 27/11/2010

PALERMO. E' Guglielmo Scammacca della Bruca il Paperone dell’Ars. Con i suoi 684 mila euro dichiarati il parlamentare etneo è il più ricco in base alla classifica dei 730 stilata dagli uffici dell’Ars. Al secondo posto si conferma Cateno De Luca con 497 mila euro guadagnati nel 2009. Chiude il podio Ignazio Marinese, forte di 343 mila euro.
Al fondo della classifica ci sono due parlamentari entrati all’Ars in corsa per sostituirne altri: Santo Catalano (Pid) con 33 mila euro dichiarati e Francesco Calanducci dell’Mpa con 87 mila euro. Chiude il podio dei meno abbienti con 107 mila euro Mario Parlavecchio (Udc). Che dichiara poco meno di due esponenti del Pd: Antonello Cracolici e Franco Rinaldi, che hanno entrambi un reddito di 138 mila euro.
Va detto che sia Scammacca che De Luca hanno visto aumentare i loro introiti nell’ultimo anno. Scammacca è cresciuto dai 643 mila euro del 2008 ai 684 mila del 2009. De Luca è passato dai 438 mila del 2008 ai 497 mila dell’anno successivo. Un bel balzo anche per Marinese: da 288 mila a 343 mila euro guadagnati. I parlamentari, insomma, hanno avuto la meglio sulla crisi.
Nella top ten dei più ricchi si accalcano gli uomini di Pdl e Fli. Al quarto posto c’è il messinese Roberto Corona (325 mila), al quinto l’agrigentino finiano Luigi Gentile (300), poi l’etneo Pogliese (260). Francesco Musotto è allo stesso tempo il primo dell’Mpa e il primo fra i capigruppo: il suo settimo posto in classifica generale gli vale 252 mila euro. Subito dopo, e di poco staccati, il presidente dell’Ars, Francesco Cascio (241 mila) e il governatore Raffaele Lombardo (238). Chiude la top ten il trapanese Pio Lo Giudice che con i sui 237 mila euro è anche il primo dei casiniani. Il più ricco del Pd è, al tredicesimo posto, Lillo Speziale con 220 mila euro, subito seguito dal compagno di partito Nino Di Guardo (213 mila).
Fuori dalla top ten ma con redditi che si agirano sui 200 mila euro si piazzano alcuni dei volti più noti dell’Ars: l’ex assessore al Bilancio Michele Cimino è dodicesimo con 221 mila euro, il messinse Nino Beninati è sedicesimo con 207 mila euro e il vicepresidente dell’Ars Camillo Oddo è diciottesimo con 202 mila euro. Il capogruppo del Pid, Rudy Maira dichiara 200 mila euro ed è al ventunesimo posto. Il capogruppo del Pdl, Innocenzo Leontini, è invece fra i dieci meno ricchi con 148 mila euro dichiarati.
L’annuale report curato dal servizio Lavori d’aula mette in evidenza anche gli acquisti dei parlamentari fatti in questo pure nell’anno in corso. Ne viene fuori che ben 16 deputati su 90 fra il 2009 e il 2010 hanno acquistato un immobile, per lo più case. Hanno comperato un appartamento il palermitano Davide Faraone che, eccesso di trasparenza, ha indicato perfino il costo, 260 mila euro. Una casa anche per il vicepresidente dell’Ars, il messinese Santi Formica, e per il segretario del Pd Giuseppe Lupo (che ha specificato che si tratta di prima casa). Il capogruppo dei finiani, Livio Marrocco, ha acquistato un appartamento a Erice. Riccardo Savona, presidente della commissione Bilancio, ha comperato invece un fabbricato con terreno a Castelbuono.
In generale, hanno scelto di investire quest’anno nel caro vecchio mattone, acquistando un fabbricato, anche Pino Apprendi (Pd), Giuseppe Arena (Mpa), Alessandro Aricò (Fli), Alberto Campagna (Pdl), Paolo Colianni (Mpa), Cateno De Luca, Giuseppe Gennuso (Mpa), Luigi Gentile, Lino Leanza (Mpa) e Totò Lentini (Udc).
Fra chi dichiara più beni c’è il deputato di Forza del Sud Franco Mineo che vanta 14 fabbricati di cui due a Trappeto e il resto a Palermo, tre terreni a Trappeto, due barche e due auto di lusso (una Mercedes e un’Alfa). Certo, lontano dai record di Scammacca che dichiara 35 fabbricati e 27 terreni, oltre a partecipazioni azionarie nella Promoconsult e nella Casa di cura Musumeci, più una serie di incarichi in 7 società e case di cura private. A vantare partecipazioni azionarie sono 21 deputati su 90. Alcuni hanno scelto settori emergenti, come il rutelliano Mario Bonomo che pur non figurando fra i più ricchi (146 mila euro), ha quote in Bongo One, Joy Bingo, Sir Bingo e un paio di altre società analoghe. C’è invece chi ha scelto il settore bancario: Di Guardo ha acquistato 70 mila euro in azioni Unicredit, Giovanni Panepinto ha 25 azioni della Banca Sicana. Ma anche nella scelta delle società su cui investire il partito di appartenenza e la fedeltà al capo hanno il sopravvento: il berlusconiano Corona ha acquistato 2 mila azioni di Mediaset. 

sabato 27 novembre 2010

Il ritorno della buona Politica anche a Santa Elisabetta


PORTA PER PORTA
La mobilitazione per raccontare all'Italia il Paese che abbiamo in mente.

A Santa Elisabetta l'iniziativa è prevista nelle giornate di sabato 27 novembre e 4 dicembre, in quella di domenica 5 dicembre e comprende una campagna di informazione nei confronti della cittadinanza sull'attività finora svolta dall'Amministrazione comunale.






mercoledì 24 novembre 2010

LA RETE, I MEDIA, IL PRECARIATO: TIRANDO LE SOMME SUL CASO DI POLA CARUSO

 (Riporto questo pezzo per evidenziare tre fattori molto importanti nella società italiana di oggi:

il primo riguarda il problema del precariato, problema sottovalutato da chi un lavoro sicuro ce l'ha o da chi, ancora studente e sotto le coccole di mamma e papà, pensa che i problemi dell'italia siano altri, non chiedendosi nemmeno per quale ragione il diritto al lavoro sia sancito proprio dal primo articolo della nostra Costituzione;

il secondo fattore riguarda la stampa: quella stampa di destra e di sinistra, di centro-destra e di centro-sinistra, di estrema-destra e di estrema-sinistra, che ha operato la piu meschina delle censure. L'autocensura per non esportare il cattivo esempio. Perché tutta la stampa italiana, benché ricca di alti valori, benche antifascista e anti mafiosa, giustizialista, antiabortista, procreazionista, ecc.. tutta la stampa è garantista del precariato! Percui nessun giornalista, pubblicista, stagista o schiavo si è permesso di pubblicare in carta stampata un trafiletto dedicato al caso di Paola Caruso.

il terzo fattore, è la vittoria delle fonti alternative, non solo di energia, ma di informazione. In questo caso la vittoria di Internet e dei BLOG! Quei blog a cui il ministro Alfano (e non solo!!!) vorrebbe mettere il silenziatore hanno vinto una battaglia, quella di essersi fatti ascoltare da milioni di persone nonostante il silenzio solidare di stampa e tv. 
Da giornalista, dev'essere stata dura, per Paola Caruso, udire lungo lo stivale l'eco del silenzio dei suoi colleghi. Eppure anzicchè lasciarsi tirar giu dalla corrente (a volte mancano le forze altre volte la volontà) ha tirato il media-nemico dell'informazione tradizionale, sfruttandone e mettendone in evidenza l'alto potenziale.

Ho sempre creduto nel valore dell'informazione alternativa e la storia di Paola Caruso, conferma indirettamente anche il nostro ruolo, seppur piccolo, in questa società.

tratto da El Aleph
di Gero Miccichè

Diciamolo chiaramente: in un paese dove il costo della vita cresce proporzionalmente all'inflazione e al debito pubblico, la condizione del lavoratore medio si fa, di anno in anno, sempre meno piacevole.
Da quando poi concetti come quello di flessibilità e mobilità del lavoro hanno preso piede nell'alveo dell'odierno sistema economico, si è assistito a una degenerazione che ha prodotto "mostri" come la figura del precario.
Il precario è quella moderna creatura mitologica che vive dimenandosi nel guano del mercato del lavoro in cambio di un compenso ai limiti della sussistenza mensile.
Cosa succede se, stanco della quotidiana offesa alla propria dignità, un lavoratore precario dà vita singolarmente a una protesta per migliorare le proprie condizioni? Viene spontaneo chiedersi se il dissenso sia finalizzato al miglioramento di diritti rispondenti a interessi generali o se sia semplicemente strumentale a soddisfare il bisogno del singolo "dissidente".
Il caso di Paola Caruso ha certamente più punti di controversa interpretazione: nel precedente post, Andrea Coccia (mosso dalla "sacra fiamma" civile che da sempre anima la sua scrittura) ha posto l'accento sui limiti di un gesto di protesta individuale nel soffocante contesto dell'odierno mercato del lavoro. Nel primo articolo, pubblicato su questo blog qualche giorno fa, riguardante il caso dello sciopero della fame della giornalista precaria del Corriere, esprimeva le stesse preoccupazioni che ora vede avverarsi con l' "happy ending" di una firma a suggellare un contratto di lavoro.
Un po' quello che i teorici di quella corrente giusfilosofica marxista chiamata "Uso alternativo del diritto" (molto in voga negli ambienti di Magistratura Democratica durante gli anni di piombo) rimproveravano agli operai, l'accondiscendenza verso il "compromesso con lo Stato" per aver accettato lo Statuto dei Lavoratori: una resa, uno scendere a patti con il potere per un pugno di diritti in più, piuttosto che una vittoria o una conquista di classe.
Pur riconoscendo, in termini assoluti, l'ineccepibile linearità del ragionamento di principio e dei suoi risvolti sul piano dell'utilità sociale, mi pare il caso di discettare su quanto di buono abbia tirato fuori il caso-Caruso tastando un nervo scoperto della farraginosa macchina editoriale italiana.

Per chi non conoscesse bene la questione, riporto qui il riassunto della stessa Paola Caruso:
La storia è questa: da 7 anni lavoro per il Corriere e dal 2007 sono una co.co.co. annuale con una busta paga e Cud. Aspetto da tempo un contratto migliore, tipo un art. 2. Per raggiungerlo l’iter è la collaborazione. Tutti sono entrati così. E se ti dicono che sei brava, prima o poi arriva il tuo turno. Io stavo in attesa.
La scorsa settimana si è liberato un posto, un giornalista ha dato le dimissioni [Jacopo Tondelli, ndr], lasciando una poltrona (a tempo determinato) libera. Ho pensato: “Ecco la mia occasione”. Neanche per sogno. Il posto è andato a un pivello della scuola di giornalismo. Uno che forse non è neanche giornalista, ma passa i miei pezzi.
Ho chiesto spiegazioni: “Perché non avete preso me o uno degli altri precari?”. Nessuna risposta. L’unica frase udita dalle mie orecchie: “Non sarai mai assunta.”

Di questa notizia (ditemi se ha più i requisiti per essere considerata "notiziabile" questa storia piuttosto che l'asino Hermann, ieri su vari quotidiani) i grandi media non hanno fatto parola: non un trafiletto sui giornali concorrenti (Repubblica, La Stampa, Il Giornale) né un veloce lancio su alcun TG nazionale.
Nel merito, mi sento autorizzato a pensar male, a trarne la conclusione che questo silenzio sia davvero figlio di un'omertà di casta atta a proteggere le storture di uno status quo nelle quali i gruppi editoriali italiani sguazzano impunemente. Scomodo parlare della protesta di un precario per aziende che abbattono i costi di bilancio facendo leva sul precariato diffuso.
La protesta della Caruso, pur ignorata dai media nazionali, ha comunque attirato l'attenzione della FNSI, del Coordinamento nazionale giornalisti disoccupati e precari, delle sedi regionali dell'Ordine dei giornalisti; anche il presidente dell'ordine nazionale, Enzo Iacopino, ha manifestato in un pezzo la propria solidarietà alla Caruso.

La vera rivelazione (o, se vogliamo, l'incoraggiante conferma) sta però nella risposta della grande rete: in una società in cui Paola Caruso sarebbe un tempo stata vox clamans in deserto, sepolta dalla fitte sabbie dei grandi media, nell'era di internet il suo è stato un grido che ha trovato più che buona eco nella cassa di risonanza del world wide web. Più portali d'informazione, blog, e-magazines, hanno dato spazio alla storia della giornalista precaria del Corriere della Sera. La quale ha dato personalmente voce (e immagini) alla propria protesta tramite un blog titolato ad hoc Diario di uno sciopero, neanche a dirlo.
Fino a vent'anni fa (forse anche quindici) sarebbero venute a conoscenza del suo caso poche decine di persone: adesso più siti internet parlano di lei e del suo digiuno forzato, dividendosi in critiche o gesti solidali. Questo ci conferma quel che da tempo diciamo di sapere ma che di tanto in tanto rischiamo di dimenticare o sottovalutare: è la rete il vero media, il mezzo di comunicazione puro (con tutti i pro ma anche i contro del caso) atto a realizzare un'effettiva democratizzazione della parola, dell'informazione, della diffusione delle idee, della condivisione dei concetti; e, come tale, va preservata e protetta strenuamente dai tentativi di censura o infiltrazione da parte dei poteri forti, di chi è in cima all'establishment attuale (lo sapevate che è stata stilata tempo fa una singolare classifica dei paesi i cui Governi si rivolgono più di frequente a Google per chiedere la rimozione dei contenuti pubblicati online o l'accesso ai dati degli utenti? Sapevate che l'Italia si piazza rispettivamente al settimo e sesto posto per numero di richieste? Date un'occhiata qui)

C'è un'altra questione che questa storia ha riportato alla luce: quella della funzione delle scuole di giornalismo riconosciute dall'OdG, i cui allievi vengono ammessi all'esame di Stato per l'esercizio della professione.
Il Coordinamento nazionale giornalisti disoccupati e precari giudica questa pratica (trovandomi, in linea di principio, pienamente d'accordo) una "violazione della legge sull'ordinamento della professione giornalistica" che "ha falsato le regole del mercato del lavoro giornalistico in Italia." E mi pare sacrosanto che si auspichi "un immediato ritorno al rispetto dell’articolo 34 della legge 69 del 1963 - vale a dire che ad ogni praticante corrisponda un contrattualizzato e non uno pseudo giornalista delle testate all’uopo fondate dalle scuole - e l’individuazione dei responsabili di quello che appare un vero e proprio abuso di potere da parte dell’Ordine dei giornalisti."
Insomma, per quanto possa rammaricare la mancanza di uno spirito collettivo che unisca i precari in una protesta "di classe", quel che più mi spaventa è la direzione in cui continua a muoversi la "grande macchina": nella sua omertà mediatica, nel suo conservatorismo, nello sfruttamento dei contratti precari come fila atte a muovere a proprio piacimento pedine silenti, eventualmente riciclabili, fungibili.
L'uso deliberato (ai limiti dell'incondizionato) dello strumento dei contratti di lavoro precario costituisce uno schiaffo in pieno volto alla dignità umana, una tarpazione di slanci e sogni di giovani (e non) che rischiano di restare arenati per decenni in condizioni ai limiti della sussistenza, non trovando le proprie aspirazioni di crescita lavorativa soddisfatte da una realizzazione materiale (la cosiddetta "promozione", l'elevazione graduale dallo stato di instabilità) proporzionale all'impegno annuale profuso e al trascorrere del tempo. Impossibilitati anche sul piano meramente economico dall'affrancarsi dalla famiglia d'origine (ha coraggio Brunetta a parlar di "bamboccioni" dinanzi a uno scenario così desolante) non avranno i mezzi per costruirne una propria, 'chè i figli sono un costo, e due genitori precari ci penseranno un centinaio di volte prima di metter su famiglia in città come Milano, fra le prime città italiane per offerta di lavoro, ma anche la quattordicesima città del mondo per costo della vita, (vedere l'inchiesta dell'Unità di Ricerca dell'Economist del 2009).
La Caruso ha scagliato un masso che ha increspato le acque dello stagno editoriale. E dalle pagine del suo blog sembra non voler demordere "Desidero continuare a battermi sul tema, confrontandomi con chi ha il potere di garantire cambiamenti concreti. Se la mia storia diventa un esempio e spinge le istituzioni a evitare altri comportamenti del genere, avrò vinto la mia battaglia. La prima battaglia, sia chiaro. La prospettiva è di vincere la guerra."
Quindi, pur concordando riguardo la necessità di un'azione collettiva, voglio dar fiducia alla Caruso, credere che non si accontenterà del suo cantuccio d'ordine contrattualizzato e che continuerà a portare avanti una lotta contro un sistema che penalizza gravemente la gran parte di lavoratori italiani.
Voglio credere che questo colpo di grancassa possa servire a svegliare le coscienze e puntare i fari sulle problematiche legate all'annosa (e, al momento, incontrovertita) tendenza alla precarizzazione del lavoro. Il caso di Paola Caruso deve servire da paradigma, al di là delle intenzioni future della giornalista (per noi ovviamente insondabili).
Bisogna tenere gli occhi fissi sulla questione, far sì che non cali il livello di attenzione. Per questo concordo con quel che ha scritto sul suo blog: "Se vi concentrate su me e non sul problema, la guerra è persa in partenza."
Bisogna prender coscienza, leggere nella scheda madre della grande macchina, capire che siamo parte fondante di un codice sorgente in cui solo i singoli numeri sono sostituibili. Ma, senza l'intero algoritmo, la macchina collassa.

venerdì 19 novembre 2010

Mafia, la Corte su Dell'Utri


"Mediatore tra boss e Berlusconi"

Depositate le motivazioni con cui i giudici di Palermo hanno condannato a 7 anni il senatore Pdl per concorso esterno in associazione mafiosa. Era uno "specifico canale di collegamento" tra Cosa nostra e il premier. "Ma non è stato provato il patto di scambio". E la notizia non compare nei titoli di TG1 e Tg5


PALERMO
- Il senatore Marcello Dell'Utri avrebbe svolto una attività di "mediazione" e si sarebbe posto quindi come "specifico canale di collegamento" tra Cosa nostra e Silvio Berlusconi. Lo scrivono i giudici della Corte d'Appello di Palermo nelle motivazioni, depositate oggi, della sentenza con la quale Dell'Utri è stato condannato il29 giugno scorso a sette anni 1 di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa.

Nelle 641 pagine depositate in cancelleria i giudici di Palermo spiegano il perché della condanna, legata ai fatti avvenuti fino al 1992, mentre il senatore è stato assolto per quelli successivi. Il collegio presieduto da Claudio Dall'Acqua, a latere Sergio La Commare e il relatore Salvatore Barresi, gli hanno ridotto la pena dai nove anni comminati in primo grado a sette anni.

"Dell'Utri mediatore coi boss". Per i giudici, Dell'Utri "ha apportato un consapevole e valido contributo al consolidamento e al rafforzamento del sodalizio mafioso". In particolare, l'imputato avrebbe inoltre consentito ai boss di "agganciare" per molti anni Berlusconi, "una delle più promettenti realtà imprenditoriali di quel periodo che di lì a qualche anno sarebbe diventata un vero e proprio impero finanziario ed economico". Per questi motivi la Corte ritiene "certamente configurabile a carico di Dell'Utri il contestato

reato associativo".

"Mangano garante dell'incolumità di Berlusconi". Il mafioso Vittorio Mangano - si legge ancora nelle motivazioni della sentenza - fu assunto, su intervento di Marcello Dell'Utri, come "stalliere" nella villa di Arcore non tanto per accudire i cavalli ma per garantire l'incolumità di Silvio Berlusconi. I giudici ritengono credibile il collaboratore Francesco Di Carlo, che ha ricostruito il sistema di "relazioni" di Dell'Utri con ambienti di Cosa nostra. Credono fondato soprattutto il suo racconto su una riunione svoltasi a Milano nel 1975 "negli uffici di Berlusconi" alla quale parteciparono, oltre a Dell'Utri, anche i boss Gaetano Cinà, Girolamo Teresi e Stefano Bontade che all'epoca era "uno dei più importanti capimafia".

La presenza di Mangano ad Arcore avrebbe avuto lo scopo di avvicinarsi a Berlusconi, "imprenditore milanese in rapida ascesa economica", e garantire la sua incolumità "avviando un rapporto parassitario protrattosi per quasi due decenni". Berlusconi avrebbe pagato "ingenti somme di denaro in cambio della protezione alla sua persona e ai familiari". La vicenda dei pagamenti da parte del Cavaliere si intreccia, secondo i giudici, con altri versamenti per la "messa a posto" della Finivest che all'inizio degli anni '80 aveva cominciato a gestire alcune emittenti televisive in Sicilia.

"Non provato il patto di scambio". Nessuna prova certa dell'esistenza di un patto politico-mafioso, scrivono i giudici. L'accusa aveva sostenuto che Dell'Utri avrebbe stipulato nel 1994 un "patto di scambio" che per i giudici non è stato accertato: "Non risulta infatti provato -si legge nella motivazione- né che l'imputato Marcello Dell'Utri abbia assunto impegni nei riguardi del sodalizio mafioso, né che tali pretesi impegni, il cui contenuto riferito da taluni collaboranti (generica promessa di interventi legislativi e di modifiche normative) difetta di ogni specificità e concretezza, siano stati in alcun modo rispettati ovvero abbiano comunque efficacemente ed effettivamente inciso sulla conservazione e sul rafforzamento del sodalizio mafioso". Da quest'imputazione il senatore del Pdl è stato pertanto assolto.

Un paragrafo delle motivazioni è dedicato a Massimo Ciancimino, che i giudici peraltro avevano deciso di non sentire. "La pretesa rivelazione da parte del genitore sui presunti rapporti diretti Dell'Utri-Provenzano, che Massimo Ciancimino aveva peraltro taciuto per oltre un anno e 4 mesi, non era suscettibile di possibile utile approfondimento, oltre che manifestamente tardiva". Ma è solo un esempio dei numerosi portati dai giudici, che concludono: "Tutte le superiori considerazioni hanno dunque indotto la Corte a dubitare più che fondatamente della credibilità e affidabilità di un soggetto come Massimo Ciancimino" che viene definito "autore di altalenanti dichiarazioni che non ha esitato a rettificare o ribaltare nel tempo con estrema disinvoltura" e in più "attribuite alle pretese, ma non verificabili, rivelazioni di un padre defunto".