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"Il popolo che rinuncia alla libertà per la sicurezza, non merita e non avrà né libertà né sicurezza" (Benjamin Franklin)

domenica 2 maggio 2010

“La leggenda dei padri fondatori”, l’ultima fatica di Salvatore Gaglio

tratto da www.sicilia24h.it


La provincia di Agrigento si conferma terra di apprezzati scrittori. Nel panorama dialettale chi si è ritagliato uno spazio importante, forte soprattutto dell’apprezzamento della critica, è Salvatore Gaglio, 61 anni, originario di  Santa Elisabetta. Non si dimentichi che la poesia italiana fiorisce con la Scuola Siciliana che ha dato nomi illustri alla nostra letteratura. I temi amorosi che rientravano nel genere cortese (da interpretare nel codice culturale medioevale) avevano come simbolo la rosa ed altri nobili fiori. Gaglio sente questa tradizione poetica ma i suoi protagonisti, presi dalla natura, hanno origini ben più umili. Gaglio è poeta della solarità mediterranea che non risolve il dramma umano nella lucida razionalità ma in un contesto mito – fisiosofico di una cultura più radicata nella tradizione della sua terra. Temi e situazioni che rivivono tutti nell’ultima fatica letteraria “La Leggenda dei padri fondatori”. In quest’opera sono narrate le origini di un paese oramai divorato dalla notte del passato che nasce dalle memorie appassionate ed allucinate del pastore Toto, e dai riscontri storici emersi dopo lunghe e laboriose ricerche. Breve Recenzione: Di fronte allo spettatore affranto si para, soffocata dai rovi e dalle sterpaglie, la “Terra di Nessuno”: una collina inospitale che in tempi lontani accolse tra le sue braccia quel paese fatto di casette piccole ma comode e belle, e di gente prospera e felice. Quell’antico borgo, ormai dissoltosi per colpa della disumanità delle orde umane, fu fondato da un padre e da tre frati agostiniani, i quali lo battezzarono col nome di Tagaste Nuova, in onore del Santo che ispirò la loro regola. Padre Quirino, il capo di quel manipolo di coraggiosi che si inoltrò per erte e per pendii al solo fine di portare la parola di Dio in un ulteriore avamposto della Fede, era stato un giovane nobile vissuto sfrenatamente tra i piaceri della carne, prima di dedicarsi, anima e corpo, alla missione salvifica che avrebbe connotato e dilacerato la sua esistenza. I tre frati che lo seguirono nell’impresa, erano finiti in convento a seguito di tragiche storie familiari alle quali reagirono in modi alquanto diversi. I quattro fondatori, al fine di realizzare la grande impresa, si staccarono dalla Casa Madre, così come una giovane ape regina e un piccolo gruppo di operaie si separano dall’alveare materno e s’involano verso il loro destino. Grazie al genio di padre Quirino, sorse un poderoso convento, furono innalzati il tempio e le sue due torri campanarie, e nacque il paese più bello di quel tempo, non prima che fossero debellati i banditi, i quali erano stati padroni e divennero gendarmi. A proposito: come nasce il Potere costituito? Sulla base di quale diritto? E chi dà il Diritto? Il nostalgico Toto, nel ricordare ciò che ormai non è più, dà corpo alle case immaginate, attraversa le vie, entra furtivo tra le pareti del tempio, resta sbalordito di fronte a tante meraviglie, si sofferma davanti a un affresco della navata sinistra che ci mostra Gesù mentre cammina sulle acque, entra nel quadro, e passeggia, mano nella mano, col Divino Maestro. I tre frati avranno destini diversi: Evangelino crescerà sempre di più, lungo un itinerario di religiosità e di ascesi; Messalino sarà salvato dal messaggio cristiano; Agrippino, il giovane di grande intelligenza e di personalità spiccata, si perderà nei meandri della vendetta. Padre Quirino, a sua volta, grazie all’opera meritoria e disinteressata di frate Nazario, si libererà dalle grinfie dell’Educatore che ne aveva programmato il cammino di santità, e ritroverà nell’amore terreno la sua autentica dimensione umana.  Perché, per andare verso Dio, si dovrebbe rinunciare agli affetti?

5 commenti:

Anonimo ha detto...

grazie.
medita,medita

Anonimo ha detto...

io credo che sia uno dei pochi a s.elisabetta che ami scrivere con passione e senza secondi fini.
non è una critica che sto rivolgendo ad altri , seppur bravi , scrittori che vivono a s.elisabetta : "altri" hanno il vizietto delle luci, dei riflettori,lui no.
in silenzio, a volte tralasciando il suo lavoro , di cui credo ormai non gliene (si può dire? ) freghi un bel...niente, come un buon artigiano della penna, isolato nella sua casa di campagna a "Colonia ", da vita alle sue creature letterarie . E non ha un mondo "certo " di riferimento , lo crea lui. Riesce a mescolare vecchi ricordi di infanzia , vecchie storie, vecchi personaggi locali, li scecherà con un pizzico di neoclassicismo di cui è intrisa la sua opera poetica( non dimentichiamo che gaglio nasce come poeta ) ed ecco che i suoi personaggi si muovono "motu proprio ", di vita propria , proprio come i personaggi fantastici ed irreali di Garcia Marquez : e lui è cosiì bravo a mettere insieme mitologia, religione, surrealismo. E quei nomi, Evangelino, Quirino, Nazario,Agrippino fanno ricordare tanto l'affolata famiglia di nomi presenti in "centanni di solitudine", ma anche un altro nome quello di Costantino : il suo grande , continuo,e personale omaggio al padre . Lui si diverte a scrivere, e tutta la sua opera è intrisa di questo suo personale godimento , la prova di questo è che non si è mai preso , lui stesso , tanto sul serio,. quando leggi un suo libro lo immaggini che stia accanto a te con quella sua tipica espressione che egli stesso definisce "tra il serio e il faceto ".
io credo che s. elisabetta dobbrebbe essergli un pò più grata, ma si sà " nessuno è profeta in patria".

grande toto gaglio.

medita, medita.

Marcella ha detto...

Grazie a te per la segnalazione! E' doveroso far conoscere a S.Elisabetta il lavoro e la passione di un nostro compaesano :)

xxx

Marcella ha detto...

anche sul sito non c'è il nome :/

Anonimo ha detto...

Complimenti al dottore e a chi ha scritto l'articolo.
Enzo Fragapane