di Francesco Treseghè
Io ero davanti al comune a guardare 7 ragazzi che si divertivano a combinare una marachella. Avevano “preso in prestito” una quarantina di scope e moci, una decina di piante, che i sabettesi così fiduciosi del proprio prossimo lasciano davanti gli uscii delle proprie case, più un tenero pupazzetto perso per strada da qualche innocente e piccolo padroncino. Ero lì mentre loro sistemavano il tutto davanti la porta del comune.
Confesso: Non ho saputo resistere. Erano così scherzosi, oddio, sapevano che stavano combinando na cazzata, ma immaginando le facce di chi l’indomani avrebbe visto il loro piccolo regalo, si stavano pisciando dalle risate.
Confesso … Sono sceso anch’io e gli ho dato una mano. Erano un po’ spaesati, non sapevano bene come distribuire moci, scope piante davanti il piccolo spiazzale del comune, e così non ho potuto fare a meno di dargli una mano: “Una pianta qua … un’altra sta meglio la … le scope tutte da questa parte.” “E il pupazzo?” “Va beh.. Quello puoi anche appenderlo lì”. “Ok … Tutto sistemato … Scappiamo!”
Fine della scena. Non c’è bisogno di nessun plastico, nessuna indagine, nessuna denuncia verso ignoti. L’indomani una piccola risata di chi avrà accettato lo scherzo; qualche occhio guardingo in cerca di quale pianta potersi arruffare e portare a casa alla moglie come dono natalizio; una sbuffata di chi pensa che i giovani di oggi sono una generazione bruciata, dimenticando di aver avuto anch’egli vent’anni; una battuta spiritosa di chi, invece, si sarà ricordato di aver vissuto anch’egli quegli anni … Qualcosa però non quadra.
Oggi si parla di una scritta trovata all’interno del comune. Parole pesanti, in puro stile mafioso, poche ma sufficienti per far arrivare il messaggio. Parole da vigliacchi. Ed ecco che il gioco di alcuni ragazzi, ignari del malumore di qualche frustrato dipendente, entra inevitabilmente a far parte della scena del crimine: le scope diventano simbolo di protesta segno degli articolisti in rivolta, le piante ornamento di un comune triste, e il tenero pupazzetto di quell’innocente e piccolo padroncino a raffigurare un sindaco impupato da mettere al chiodo.
Questo è lo scenario finale. Scatta la denuncia, partono le indagini, e ognuno inizia a costruirsi il proprio plastico mentale.
Peccato che i 7 ragazzi, colpevoli della propria giovinezza, mancano di codardia e così si costituiscono. Qualche ramanzina dei genitori, due parole e un brindisi con il Sindaco, molto imbarazzo, la consapevolezza dei propri errori e l’assunzione delle proprie responsabilità: “Piante, scope e il tenero pupazzo, siamo stati noi, ma la scritta non ci appartiene.”
E’ vero. Io c’ero. Li ho aiutati cazzo … Non potevano … Non avevano né le chiavi né il movente per compiere un atto simile. Aggiungo … mancavano anche di cattiveria e vigliaccheria.
L’ipotesi allora? Che sia stato qualche scontento dipendente, chiavi in mano, la mattina del 28 dicembre, ad aver impresso quelle vergognose parole, approfittando della situazione creata dai ragazzi, finora è lo scenario più probabile. Parola poi a chi indaga.
E le scope e le piante? Qualche dipendente comunale ha riconosciuto le proprie … almeno così dicono.