
Pio La Torre è una delle tante vittime della mafia. E’ figlio di contadini poverissimi, è un siciliano che viene dalla terra più misera. E’ nato nella borgata di Altarello di Baida, frazione di Palermo. In casa dormivano insieme alle bestie, non avevano la luce elettrica. Ha fatto le lotte dei braccianti, la dura trafila politica dei comunisti siciliani, ed è arrivato fino a Roma, come deputato nazionale e membro della Commissione antimafia. Ma nel 1981 ha chiesto al partito di tornare a Palermo, e il suo desiderio è stato subito esaudito: a Botteghe Oscure, i fatti siciliani sono sempre difficili da capire, e, se si trova un volontario, lo si accontenta subito. La Torre, poi, ha persino preparato una proposta di legge antimafia, molto articolata, in cui si chiede di indagare sui patrimoni, oltre che sulle persone. Una novità. Strana, come tutte le novità. A Palermo si è subito buttato nella propaganda contro la base missilistica di Comiso. Spiega ogni giorno che, se entrerà in funzione, arriveranno 10.000 soldati americani, la Sicilia diventerà una specie di portaerei, porto franco, e tutti i traffici illeciti con gli Stati Uniti diventeranno più facili. Promuove petizioni, raccoglie firme. Alla federazione di Palermo non è che siano entusiasti di lui, dell’ex contadino che guidava le lotte dei braccianti e che ora si appassiona ai pacifisti di Comiso. Anche nel Pci siciliano ci sono dirigenti che si sono stufati di vivere nel passato, e vogliono poter dire la loro sul futuro. E se il futuro sono grandi appalti, grandi opere, allora non bisogna restarne fuori.
Comiso, Comiso… I missili. I pacifisti tedeschi, i monaci buddisti che digiunano, le dolenti femministe inglesi, gli autonomi di Roma, i ragazzi con il sacco a pelo. Gli occhi dell’Europa sono puntati su quel piccolo paese della provincia di Ragusa.
Perché è stato ammazzato Pio La Torre?
Per Comiso?
Tanti dicono di sì. L’ha ucciso il “potere occulto sovranazionale”, termine che ha sostituito “criminalità organizzata”, a sua volta eufemismo di mafia.
Ma La Torre è uno che ha visto anche gli arricchimenti; a lui i nomi dei morti di Palermo dicono qualcosa. Spulcia negli elenchi della camera di commercio e nota che sono registrate aziende che partono con un capitale di un milione e in tre anni lo aumentano fino a tre miliardi. Ogni mese un aumento di capitale. Di queste cose parla nelle riunioni politiche; dice di fare attenzione a quelli che consigliano di entrare finalmente a fare parte del governo effettivo della città.
Viene ucciso il 30 aprile 1982. Lui e Rosario Di Salvo stanno attraversando il quartiere della Zisa, a Palermo, a bordo di una FIAT 132, quando vengono affiancati da una motocicletta. Partono raffiche di mitra. Di Salvo estrae la rivoltella e spara anche lui, ma i suoi colpi vanno a vuoto. I due uomini vengono ritrovati coperti di sangue, con un’espressione irritata sulla faccia. Dopo mezz’ora arriva una telefonata anonima che rivendica l’attentato a nome dei Gruppi proletari organizzati, o qualcosa del genere. E’ da trent’anni che in Sicilia non veniva ammazzato un dirigente comunista.
Ma allora perché è stato ucciso Pio La Torre?
Per nove anni non se n’è saputo nulla; se trapelava qualcosa erano solo voci velenose. Nel marzo del 1991, i giudici di Palermo chiusero l’istruttoria, denunciando, come mandanti del delitto, nove boss mafiosi, all’epoca membri della Cupola di Cosa Nostra (da notare che sia la parola Cupola sia la sigla Cosa Nostra erano sconosciute nel 1982), ma lasciando nel vago il movente. O, che è la stessa cosa, indicandone parecchi. Poteva essere stato ucciso per la sua opposizione alla base missilistica di Comiso. Oppure per “ostilità interne al partito comunista”. O anche per essersi opposto ad un appalto per la costruzione di un palazzo dei congressi, ambito sia dal cavalier Carmelo Costanzo di Catania che dalla ditta Tosi di Palermo. Oppure per un altro grande appalto che riguardava il risanamento della costa palermitana… Nell’estate del 1992 arrivò però un’altra versione, fornita da Leonardo Messina, mafioso pentito del paese di San Cataldo, in provincia di Caltanissetta. Secondo Messina, La Torre fu ucciso suordine di Totò Riina, capo dei corleonesi, preoccupato per il suo attivismo e in particolare per la sua proposta di legge riguardante i patrimoni dei mafiosi. Riina incaricò dell’uccisione Loreto Plicato,di Vallelunga, uno stiddaro che costruiva armi da fuoco. Plicato uccise La Torre, disse Messina, ma Riina non si fidava totalmente di lui, così dopo una settimana lo fece uccidere.